Helène era di una bellezza delicata, il volto dolcissimo. Era poco più che adolescente. Un giorno mi avvicinò in corsia e mi chiese di appartarci per parlare; acconsentii. Andammo a sederci nel salottino tranquillo in fondo al corridoio e cominciò a raccontarmi di sè: mi disse che si trovava lì perchè si era sentita male per strada, ma mentre mi diceva quello mi spiegava che il ricordo del flash che aveva provocato lo svenimento era anche quello per la cui mancanza ora ella stava male. Guardava fuori dalla grande finestra e mi spiegava che da lì – al mio rientro in corsia-, avrei potuto portarle la cosa che la avrebbe fatta stare bene. Io capii ma le dissi di no.