Don Lorenzo M. era coadiutore nella parrocchia della mia città nel periodo di rinnovamento della liturgia cattolica e soprattutto delle grandi speranze di rinnovo spirituale suscitate dall’avvento del Concilio Vaticano II, voluto da papa Giovanni XXIII, Giuseppe Roncalli. Don Lorenzo era un sacerdote ancor giovane, nel pieno della sua maturità di prete, pieno di entusiasmo pastorale, soprattutto conquistato dalle idee e dalle speranze che in quel periodo pervadevano il mondo dei fedeli è dei pastori: speranze in una chiesa più aperta, più giovane che conquistasse nuovamente i cuori e le menti. Una lunga premessa, la mia, troppo lunga mi accorgo per arrivare a parlare di un uomo, al cui ricordo provo dispiacere e pena ancora adesso. Don Lorenzo aveva accolto con successo attorno a sè molti giovani, che erano conquistati dal suo carisma, dalla novità del cristianesimo così vissuto, con gioia, con libertà di confronto, certo un cristianesimo non vissuto come mortificazione e paura, o con costrizione. Ricordo ancora vivamente una sera, qui a casa nostra: don Lorenzo venne da noi coi suoi giovani, per amicizia, per confronto, per dare evidente segno di apertura al territorio. Forse la occasione del vedersi era stata data dal mostrare noi diapositive delle avventure speleologiche del Gruppo cui apparteneva anche mio marito . Fu una bella serata, eravamo tutti contenti di quell’incontro, probabilmente ne programmammo altri, o così ci promettemmo sarebbe avvenuto. Ricordo poi colloqui miei con il sacerdote e alcuni suoi preziosi consigli . Era uomo di vasta cultura, anche psicologica. Ricordo come la parrocchia apparisse viva, in quei giorni; come molti giovani la frequentassero, seguendo don Lorenzo, ma non solo giovani. Fu quando io e T. rientrammo in città dopo un breve periodo fuori che, andando un giorno io alla chiesa, venni a sapere che don Lorenzo era stato trasferito ad altra parrocchia; E non venni a conoscenza del nome o dell’indirizzo. Parve chiaro, o perlomeno io lo pensai come altri lo avranno pensato che il trasferimento era stato una punizione; forse per il suo attivismo, per le sue idee innovative, per le iniziative, per l’uscire dai confini della parrocchia e confrontarsi col mondo fuori? Non lo sapevamo, le nostre erano supposizioni che non avevano appiglio sicuro ma conoscenza di altri fatti, di altri allontanamenti simili di cui sapevamo e ricorrenti nella chiesa, decisioni delle alte gerarchie ci autorizzavano a ritenere fossero la libertà e il dinamismo di don Lorenzo la causa di una punizione. Forse la chiesa nelle sue strutture gerarchiche dominanti non cambierà mai. Il mio ricordo termina con la nota più dolorosa e delicata, di cui non ho mai parlato con alcuno. Una telefonata che mi raggiunse, non so da dove, di don Lorenzo, che confessava di essere in una situazione angosciosa di solitudine, perfino di ristrettezze al limite della sopravvivenza, confinato in un luogo remoto. Troppo stupita non seppi rispondere probabilmente a quella richiesta di aiuto che ancora nei toni angosciosi, della voce, delle parole, ricordo.