La prima la feci a Gualtieri con la maestra Irene Burani, una signora anziana, distinta aveva i capelli bianchissimi, ben pettinati. Aveva un lungo bastone sottile e flessibile che dalla cattedra raggiungeva le nostre mani, e le dovevamo mostrare aperte sul banco per far vedere se erano pulite e le unghie tagliate e senza bordo nero. Io ero al primo banco. Non ho mai capito perchè quando mi muovevo dal banco le compagne si giravano e ridevano, poi qualcuno mi deve aver detto che “sculettavo” camminando. Comunque non ho ricordo di sofferenza per questa cosa, forse cercai di cambiare modo di camminare. Avevamo il grembiulino bianco. La maestra Irene Burani mi piaceva, era distinta e anche un po’ nonna. La seconda la ho fatta a Milano, in Carlo Poerio, forse indossavamo un grembiulino bianco, mentre una compagna lunga lunga che doveva avere almeno cinque anni più di noi e si chiamana Stracquadagna lo portava sicuramente nero e allacciato davanti, come se fosse quello di una impiegata o di una operaia. Si affogava in una nebbia densa a Milano e non si vedeva quasi niente, a malapena vedevo la figura di Leonida che mi teneva per mano accompagnandomi a scuola alla Poerio, le mattine di inverno. Non ho ricordo della primavera ed estate. La terza la feci alla scuola Filippo Corridoni, con la maestra Lina Putelli. Portavo certamente il grembiulino bianco con il fiocco rosa. Credo che maestra Lina mi abbia comunicato amore per la poesia, ma non saprei dire di preciso perchè lo dico; credo inoltre mi abbia comunicato rudimenti di scienze naturali o forse di filosofia perchè aveva quel vezzo di parlarci a volte della morte; nel senso che ricordo che diceva che i nostri corpi sepolti poi facevano crescere le patate. Diceva questo en passant tranquillamente, era una cosa naturale, ci istruiva sulla vita e sulla morte. Credo la maestra Putelli fosse una scrittrice anzi ne sarei certa, ho cercato il suo nome in Google di recente e qualcosa ho trovato. La scuola come edificio era bella, anche adesso non è cambiata, si trova appunto in via Corridoni e negli anni 80 o 90 del XX Secolo di preciso non so hanno costruito lì a pochi metri il liceo Leonardo da Vinci. Quando passo da quelle parti guardo la facciata della scuola Corridoni e mi fa simpatia, mi immagino i fantasmi di noi che ancora vivono lì. A pochi metri c’era la scuola Vittorio Colonna, nella via omonima, e si sapeva che in quella scuola andavano i bsmbini ricchi, era una scuola privata; si affacciava e si affaccia sulle mura che circondavano e circondano il grandissimo parco della scuola che poi frequentai a partire dalla prima media, e per tre anni: l’educandato Statale Collegio delle Fanciulle, di via della Passione. Qui cominciò ad essere tutta un’altra storia, non mi sono mai trovata male al Collegio, anche in questo caso, succede a tutti credo, si sono fissati alla mente solo alcuni ricordi precisi, fotografici, tipo quello comico della compagna indisciplinata burlona un po’ ribelle che a carnevale fece esplodere in classe una bomboletta puzzolente e ci venne detto dalla professoressa Buzzetti che se non saltava fuori il colpevole ci andava di mezzo tutta la classe e allora Claudia confessò me lo ricordo ancora. Poi di questa M Buzzetti ricordo che un giorno a bruciapelo dalla cattedra disse a voce alta additandomi, eravamo sedute nei banchi io ero al penultimo: tu ti chiami, oppure il tuo cognome è Pisa, Pisa è un cognome ebreo. Io dissi che non sapevo e lei disse che era così, cioè io ero una ebrea. Così scoprii che i cognomi di città rivelano una origine ebraica; ero molto inconsapevole io ero vissuta in campagna protetta i primi anni; non sapevo di ebrei nelle città. In casa dagli zii tutori non se ne parlava. Comunque anche M. Buzzetti mi comunicò amore per i temi. E poi mi piace ricordare la professoressa di disegno e penso con nostalgia a come ci insegnava e come avevo imparato a disegnare i solidi con tutte le loro ombreggiature a matita. E questo mi è rimasto come piacere di cercare di disegnare i solidi, cilindro piramide e così via. Collegio delle Fanciulle aveva una preside e una vice preside, che sembravano uscite da un libro di illustrazioni dell’Ottocento, di moda dell’Ottocento, di atmosfere dek’Ottocento; ho ricordo preciso e benevolo di tutte e due le signore. La preside era alta portamento nobile e indossava un abito lungo nera con solo alcuni pizzi intorno alla scollatura a renderlo più vezzoso, meno severo. Ma su questo punto non c’era verso, lei era terribilmente ieratica e severa. La vice preside, una donna di mezza età più bassa di statura della collega, aveva uno sguardo molto dolce, rassicurava. Non che la preside incutesse timore o peggio terrore . Anche la vice preside vestiva di nero ma non lungo. Nella mia classe avevo come compagne ragazzine dai cognomi che scoprimmo famosi in seguito a Milano, cognomi famosi nella grande imprenditoria soprattutto, ma allora io non lo sapevo. Avevo una amica del cuore che si chiamava Annamaria ma era un po’ tendente al dominante e francamente ricordo con più simpatia ogni altra compagna. Finita la terza media cambiai scuola – Il mio diploma fu bello. Avevo preso dieci nel tema che ricordo era un saggio di critica di un qualche scrittore o poeta e le insegnanti dissero alla mia mamma che meritavo di fare il liceo classico. Ma poi la vita ti riserva sempre sorprese e scelte alternative, e poi tutto si volge al meglio Credo nel disegno provvidenziale di cui parla il buon maestro Alessandro Manzoni. A casa degli zii conobbi il principe De Curtis, che emozione io bambina fui chiamata dallo zio a venire a salutarlo e Totò mi fece un grandissimo sorriso.