Mi trovo all’improvviso proiettata indietro nel tempo.Ho attraversato un wormhole a ritroso e mi sono fermata fortunosamente proiettata in una data indefinita. Ho incontrato una ME che si stava chiedendo a sua volta in quale tempo fosse, aiutata dal ritrovamento di un manoscritto che la ha convinta a cominciare a scrivere così: “Così pensavo e scrivevo, correva l’anno: 1998[…]Non vedo perché non potrei tentare anche io. D’accordo che pare si stampino in Italia ogni anno una quantità impressionante di nuovi romanzi e che non parrebbe ci sia bisogno di altri che contribuiscono al consumo di carta; ma insomma, devo confessare che, nonostante le mie remore secolari, questa idea di “provare a scrivere un romanzo” mi è venuta. Mi è venuta oggi, esattamente. Ma cosa scrivo? Potrei pescare nella memoria la vecchia idea di scrivere “degli oggetti”, in un certo senso animandoli; potrei mettermi semplicemente a scrivere senza una idea precisa (contravvenendo alle regole del vero scrittore che ha in testa almeno un abbozzo di soggetto, o di personaggio). Potrei provare a scrivere un romanzo comico, eh già!! La cosa più difficile che esista. Ma andiamo! Potrei forse trarre spunto dalle e mail che ho incamerato nei floppy che ho qui davanti, floppy d’annata. Vediamo subito se trovo lì qualche spunto […] ma occorre trovare lo strumento per leggere i floppy disk, e dispero di trovarlo ora. Perchè negarsi alla prova? Non è del tutto vero che si debba avere in testa la traccia del romanzo. Io ho cominciato a pensare che si possa anche fare così: si comincia a scrivere, a ruota libera, come un esercizio ginnico della mano, il cervello ancora libero di idee; e poi muoversi dopo i primi passi /parole in base alle prime parole uscite dalla penna. Mentre decido quando cominciare, avvio l’aggiornamento sui fatti sociali.
Il copione sempre lo stesso
I titoli dei giornali sparano notizie catastrofiche, oggi 27 agosto; e si ha l’impressione di averli già letti ieri; non nel senso che ieri comunicavano la medesima notizia o l’antefatto della stessa rispetto ad oggi, il che è normale; ma nel senso che la notizia di oggi, come quella di ieri (somigliava a) viene percepita uguale a quella della settimana scorsa o dell’anno scorso. In un infinito presente o anche un perpetuo ripetersi . Leggiamo – così come leggevamo – dello sfacelo dell’ambiente e degli incendi che devastano il territorio. La differenza dall’anno scorso o da due anni fa o da tre o da cinque o da dieci è che gli incendi sono sempre più grossi. Leggiamo con dolore e disagio delle vittime giornaliere in Iraq e in Palestina (silenzio sulla Cecenia) –Rispetto all’anno scorso le vittime sono di più, cinquanta, cento al giorno. I politici dicono frasi che abbiamo già sentito in una modalità sintassi e sostanza che sentiamo immutabili. Dicono – intervistati – che occorre fare per un dato problema questo e quello e ci si domanda, ascoltandoli, se si rendano conto che sono loro quello cui compete di farlo. Nel guardare le loro foto sul giornale si ha l’impressione che sia la stessa del giorno precedente e che nulla cambierà mai . Non si parla solo di Mastella o per Prodi o per Andreotti. L’impressione di deja vu si ha anche guardando la faccia di un nuovo della politica, almeno in buona parte. Prendiamo Sarkozy: è già entrato nell’immaginario a forza e si sa già più o meno quale foto di lui verrà pubblicata domani e sarà una foto che ricorderà quella di ieri.