La mamma e la bambina si somigliano: entrambe snelle, lineamenti dolci, graziose, simili in un modo che si percepisce prima che si notino i particolari. Sono salite in un tardo pomeriggio d’inverno, la neve fuori; non tempo di Natale o capodanno, dopo. L’inverno è lungo quest’anno, buio fuori dai finestrini della 61, alla fermata forse di Piazzale Cadorna, in direzione di viale Alemagna.
Le noto quando poco dopo la fermata del Parco perché mi sostano vicino, a me che siedo chiusa nei miei pensieri. E subito qualcosa, prima ancora di vederle in viso mi scuote, fa sì che rivolga loro lo sguardo. Alla bambina lo rivolgo e non posso non farlo, chè si lamenta con una vocina da cantilena, da litania. Piagnucola con la manina nella mano della giovane mamma. Si lamenta di un niente, di disagio, di non voler fare qualcosa, muoversi forse. Stanca, può darsi. Ma quel faccino, quella cantilena, quegli occhi pieni di sofferenza. La mamma ha il medesimo sguardo, vi leggo ansia, angoscia, impotenza. Istintivamente dico “prego” e lascio il mio posto, la mamma mi ringrazia riconoscente. La mamma e la bambina hanno la medesima sofferenza nello sguardo, nella mamma un luccicore più febbrile segno certo di una tensione forte, impotente. In qualche modo la sento mia, la riconosco. Non so dire bene perché, o forse sì. Ma questo non conta. La bambina siede e allora si acquieta un po’ e sta lì, non posso non guardarla. La bambina è appagata adesso e anche in qualche modo indifferente, troppo grande. Sta lì chiusa nei suoi pensieri che sembrano pensieri da grande. Mi ha colpito il ‘grazie’ della mamma perché forse ho colpito nel segno.
La bambina non ha segni di malattia, ma chi può dire. Di certo non malattia immediatamente visibile. Mi sono seduta dall’altra parte del sedile. A breve la mamma la invita ad alzarsi, devono scendere. Siamo alla fermata all’angolo con via Canova. Lei non vuole, la mamma dolcemente la esorta. La piccola si alza e comincia a lamentarsi finché dice: Ma insomma, non riesco mai ad addormentarmi! Le osservo incamminarsi, mano nella mano nella luce del lampione, nella neve, la bambina col suo cappuccio di pelliccia bianca. Non dico che la bambina si faccia trascinare, ma in qualche modo è indifferente al passo, alla neve, alla luce. Non posso non pensare se – arrivata a casa – la bambina si getterà nel letto e dirà che vuole dormire. Solo dormire.
Germana Pisa