Biografici e autobiografici, Letterari

Storia di Pino.

di Valfreda Pisa

Ciao, mi chiamo Pino. Sono un cane di media taglia, biondo, belloccio e probabilmente simpatico, a giudicare dalle carezze che ricevo ovunque mi trovi. Non me la passavo bene un tempo ma, ad un certo punto della mia vita, le cose sono cambiate, e in meglio. Non ricordo bene i fatti avvenuti prima dell’incontro che ha cambiato il mio destino, so solo che ho avuto dei problemi. Anzi, ad essere sincero, forse non voglio ricordare, punto e basta. I brutti ricordi è meglio cancellarli, puntando tutto sul futuro quando questo si prospetta migliore del passato. Ebbene, è successo che mentre stavo vagando per la città, affamato e spaventato, ho incrociato un ragazzo con due grossi cani: i miei simili mi intimorivano un po’ ma lo sguardo del ragazzo mi ha rassicurato. Guardandomi, mi ha allungato una carezza. Un carezza, capite? Non ricordavo quanto potesse essere dolce una carezza, quanto calore potesse trasmettere. Tutto è andato bene per un po’. Non chiedetemi per quanto, so solo che quando sono stato accolto dai miei nuovi amici c’era la luce e le strade erano piene di traffico; poi è sceso il buio e allora ci siamo raggomitolati tutti e quattro sul marciapiede. Nel frattempo, sono riuscito anche a mangiare! Hmmm, che profumino da quella scatoletta! Avevo una famiglia, finalmente! Ma quando è tornata la luce, il mio salvatore mi ha detto che non poteva tenermi perchè già gli era difficile sfamare i suoi due cani. Ha quindi chiamato un suo amico e gli ha proposto di darmi una mano. Il suo amico mi ha portato in un posto dove c’erano tanti cani, ma ognuno se ne stava per conto suo, in una cella. Niente vita in comunità. L’amico del mio amico aveva due scopi, l’ho saputo dopo. Il primo, quello di controllare se qualcuno mi avesse perso e mi stesse cercando; il secondo, se nessuno mi avesse cercato, di farmi adottare. In quella specie di albergo mi hanno lavato, esaminato dalla punta del naso alla coda, rifocillato. Erano gentili, non c’è che dire. Hanno osservato il mio comportamento e hanno stabilito che sono un cane “subordinato” Subordinato, cioè non dominante. Ringrazio la mia buona sorte, che mi ha voluto così: ho avto dei problemi a starmene sottomesso, figuratevi se avessi voluto impormi! Là sono rimasto per un po’ di tempo: so solo che, quando sono arrivato, c’era la luce. poi è sceso il buio, poi è tornata la luce….Be’, non so contare, ma tutto questo è continuato per un po’. Ho passato quel periodo ad abbaiare ed ero così agitato che mi si era chiuso lo stomaco, non riuscivo proprio a mangiare. Pensavo al cibo diviso con gli amici; quella sì che era vita! Se me ne avesse dato il tempo, avrei fatto capire al ragazzo che io volevo una famiglia e che mi sarei accontentato di poco. Ma non mi è stato possibile. Un giorno è arrivato l’amico dell’amico con una signora. Mi hanno tolto dalla cella, dandomi appena il tempo di baciare e dire addio al compagno che occupava la cella accanto alla mia. Tutti i cani l’ vicino abbaiavano per salutarmi e per chiedere di essere portati via con me. Che strazio! Mi hanno messo al collo qualcosa e da quel gesto ho capito di avere un padrone, quindi una famiglia. L’amico del mio amico e una signora mi hanno portato in una bella via, poi si sono salutati e la signora mi ha condotto in una casa dove ho potuto conoscere due membri della mia nuova famiglia, una ragazzina e un ragazzino, che mi hanno riempito di coccole. A distanza di pochi giorni ho conosciuto le mie cugine. Matilde, una cagnolina che si è innamorata subito di me (lo è ancora, non le passa); Nina, una cagnolina gelosissima dei suoi padroni e che non vuole rivali in casa; Polda e Molly, due cagnoline che passano la vita in farmacia con la loro padrona e il fine settimana al maneggio, in mezzo a cani e cavalli (una vera pacchia). Più avanti, sono stato presentato a Grace, una cagnolina molto graziosa, ma fissata con le palline: non può farne a meno, non fa che proporle a chiunque incontri! Vuole giocare, giocare,giocare! Forse quei signori che mi hanno esaminato durante il mio soggiorno all’albergo per cani, e definito “cane subordinato” potrebbero aiutarla a liberarsi dalla dipendenza, ma chi va a dirlo alla sua padrona? Quella non sente ragione, non si stacca da Grace nemmeno per un istante e mai la farebbe soggiornare in quell’albergo per aiutarla a disintossicarsi. Che vi devo dire? Sono felice. Quando gli occhi della mia padrona si posano su di me, e ciò avviene spesso, per farglielo capire muovo la coda. Chi l’ha detto che servono le parole?! Noi ci capiamo benissimo! Amore e gratitudine reciproche, amicizia: quante cose mi sta regalando la vita! Vedete? Non bisogna mai disperare. Ve lo dirò con le parole della mia padrona.,,

Mai bisogna disperare/tutto, a un tratto, può cambiare,/cieli neri e minacciosi/azzurri posson diventare/Non più calci, ma carezze/cucce calde e lauti pasti/ecco cosa puoi trovare./Ti consiglio: prova a sperare!

Pino con Matilde che lo ha amato

Il disegno preparatorio di acquerello della copertina ha autore: Francesco Samorè

Pino e Matilde Acquerello di Francesco Samorè – marzo 2025

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