Ho sempre considerato l’attività dello scrivere – per piacere, per professione – come una cosa oziosa, e da non considerarsi un lavoro significativo come altri: direi onorevole come altri . Quasi non meritasse l’appellativo di lavoro come lo sono quelli che impegnano la ripetitività’, la fatica fisIca, l’onere di dipendere da un capo, la creatività dell’artigiano. Quindi mi sembra che l’attività di manipolare le parole, organizzarle, inventarne di nuove eccetera sia meno lavoro di altri. Sembrerebbe giusto, giustificabile, ovvio -considerando così il lavoro dello scrittore – che difficilmente la sua attività renda questi men che meno ricco, anche solo non nullatenente.