Assomiglia indubbiamente anzi senza alcun dubbio a questa, la pallina con cui giocavo da bambina e che costituisce il ricordo più vivo della mia infanzia a G. d’Emilia. Quella era più piccola, indubbiamente, e di colore diverso e forse più compatta, sì, era durissima e stava completamente nel palmo della mia manina, di quattrenne o forse cinquenne. Nonostante fosse piccola, quando ritornava dal muro dove la gettavo con forza, la prendevo sempre Almeno così mi pare. L’altro giorno ho provato a lanciare nel muro qui in casa la pallina somigliante che vedete e la ho presa, ma questa è un po’ più grande di quella; e comunque non è facile ugualmente prenderla al ritorno dal muro. Stavo dimenticando di dire che il colore della pallina originaria era nero, nerissimo, e durissima essa era al tatto. A pensarci, era come un proiettile. Non so quando ho cominciato a pensarla come “pallina matta”. Come dicevo, col tempo mi sono venute tra le mani altre palline che chiamavo “matte” per quella tendenza, nel toccare il suolo, a balzare lontano, qua e là. E’ forse questa la caratteristica di coloro che -umani – chiamiamo matti, magari con una punta di simpatia?