Tutti i sacrifici del mondo fatti in silenzio dai genitori possono non essere percepiti da un figlio come lo può essere un unico esplicito gesto di tenerezza. Dico questo per la singolarità di un mio ricordo, un gesto di mia madre certo non l’unico gentile di lei; ma questo mi torna sempre alla memoria senza sforzo: fu il gesto di porgermi il pacchetto del pollo arrosto che aveva cucinato per me, in vista di una gita, forse in montagna, con amici, cui mi stavo preparando. Era forse perchè mentre me lo porgeva lei sorrideva felice e complice, intendo felice e complice per il divertimento imminente cui mi preparavo, lei che non sorrideva spesso e non appariva quasi mai distesa e rilassata; era questo che mi aveva colpito? Era per quel suo sorriso – raro in lei – che il mio ricordo permane così vivo? Il volto di mia madre era scolpito da moltissime esperienze dolorose che la hanno attraversata nei primi giorni ed anni della sua esperienza di sposa e madre. Anche prima di quei giorni, da bambina e ragazza la sua vita non era stata facile. Il volto di lei, come lo ridocro, io ragazza e poi donna era segnato da profonde cicatrici psicologiche che io percepivo sempre con sofferenza. Erano rughe di espressione profonde che tuttavia non intaccavano la sua bellezza. Dunque, mia madre quella mattina forse d’inverno aveva un viso che per la prima volta vedevo autenticamente felice e io registravo mentalmente che lo era perchè andavo, lei pensava, a divertirmi, a svagarmi. Forse, riflettedo ancora, lei era contenta che avevo degli amici e che quindi ero accolta, accettata.