Scrissi in passato il commento, che ora ripropongo, avendo in mente non solo l’Autore del libro di cui ora riprendo il pensiero, ma anche le parole che Robert Kennedy, in un famoso discorso, nel 1968, poco prima della sua morte, pronunciò sul medesimo argomento. https://ilblogdellamente.com/robert-kennedy-discorso-pil/Ecco dunque che, in anni più recenti Pierangelo Dacrema scrive e pronuncia parole in vari contesti au quella che non possiamo esimerci dal definire: la natura violenta del PIL. “Drammatico è un libro che parla di argomento attuale e scottante “La dittatura del PIL” , di Pierangelo Dacrema. https://www.youtube.com/watch?v=zbEyXqvFm2s Già il titolo (quella parola: dittatura, cioè strapotere, prepotenza, costrizione, mancanza di libertà) dice molto ancor prima di addentrarsi nella lettura; lettura che io ho molto cercato, dopo aver ascoltato una intervista all’Autore, a Radio 24; per scoprire in primo luogo che il libro è esaurito in molte librerie; poi che quella passione che, nello scrittore, mi aveva così colpito nell’ascoltarlo alla radio, era trasmessa tale e quale nel saggio. Non è il testo di un no-global , ma di un economista, che già da anni analizza https://www.youtube.com/watch?v=d1YZhDXcvD8 le forme della macroeconomia preparandoci – ad esempio con –La morte del denaro – anno 2003 – alle considerazioni contenute in questo suo ultimo “Dittatura del Pil” . Di questo PIL Pierangelo Dacrema spiega la natura e poi l’ascesa nell’immaginario collettivo. Ne spiega la funzione e la presa del potere fino ad essere al centro della politica di ogni stato, oggetto di quotidiana attenzione ed ansia, oggetto immateriale da cui le scelte politiche dipendono; Numero che ha acquisito un potere inusitato. Eppure, potrebbe essere non solo numero: non è cattivo in sé, il PIL; E’ il denaro che lo corrompe. Il Pil potrebbe assolvere la sua funzione se solo gli si permettesse di indossare una veste più consona alla funzione, e se gli si permettesse di esprimere altro che numeri record di spesa raggiunti, primati di eccellenza in una competizione sempre aperta; che fa che sia il Numero più alto la meta da raggiungere; il Pil potrebbe (dovrebbe!) dare altro di sè, se esprimesse la qualità, oltre che la quantità. Si dovrebbe permettere al PIL di rappresentare valori immateriali: la qualità della vita di un luogo, il paesaggio, la qualità dell’Ambiente, del lavoro. Dice il prof. Dacrema che il PIL più grande ce l’hanno popoli che hanno una spesa grande, per esempio gli Stati Uniti che spendono molto in armi. E il PIL grande ce l’ha il Paese dove magari una grossa corporation con le sue ristrutturazioni e razionalizzazioni licenzia molti uomini e donne. Il Pil è frutto e simbolo di una competizione selvaggia tra Stati, non per niente esso è nato negli Stati Uniti dove forte è il gusto della gara. La competizione può essere spacciata per libertà e concorrenza ma finisce per lasciare sul terreno uno a uno i competitori e alla fine si avrà magari uno solo, che imporrà le sue regole. Quando lo scrittore affronta il tema della competizione cui le singole persone sono chiamate, raggiunge accenti crudi: nella descrizione, per esempio, del vissuto di un ipotetico lavoratore, uno di noi. Molte pagine sono dedicate a questo ritratto. Ho parlato di poesia per gli accenti di questo libro. Non rinnego il giudizio, perché Dacrema riesce a comunicare intensamente a cuore e mente (come la poesia specialmente fa).
Dal libro :
” […]Ambito premio di una società affamata di ricchezza, il PIL non è solo frutto di una competizione assurda quanto faticosa, ma anche tangibile oggetto del contendere. Mito e ossessione della nostra economia, non è inerte materia di studio ma fatto vivo; non semplice dato ma cifra dominante, non informazione tra le altre ma evento determinante e decisivo, obiettivo palese dei sistemi economici e leader occulto dei loro criteri di governo”.[…][…] “teneri e romantici amanti della libertà , gli uomini sono anche abbastanza ingenui da fabbricare strumenti di cui diventeranno prigionieri… (cap. 1, pag. 8 e 9) […] “Il PIL sembrerebbe avere il merito di rappresentare un singolare crinale tra le ragioni della politica e quelle dell’economia, un punto di contatto tecnico e ideale tra gli obiettivi e i ragionamenti dell’una e dell’altra. Momento di relazione tra mondi complessi e costretti a dialogare, il PIL sarebbe dunque argomento degno di tutta l’attenzione dovuta ai temi di pubblico interesse. Ciò sul piano teorico. Ma, sul piano pratico, non si comprende come tutta questa concentrazione su un dato così effimero e influenzato da una miriade di variabili sensibili a qualsiasi umore dell’umana esistenza, possa giovare al fatto politico o a quello economico. C’è un che di velleitario nell’idea stessa del calcolo del PIl, e qualcosa di ridicolo in tutta la pubblicità che lo circonda. Ma valeva forse la pena di spiegare come, all’ombra di quest’idea, sia cresciuto anche qualcosa di inquietante.“
La dittatura del Pil – schiavi di un numero che frena lo sviluppo – di Pierangelo Dacrema –
Pierangelo Dacrema ha pubblicato negli ultimi anni: “ La morte del denaro” (Marinotti 2003) e Trattato di economia in breve (Rubbettino, 2005). Già operatore di Borsa, dal 1994 si dedica esclusivamente all’attività accademica. Ha insegnato nelle Università di Siena e di Bergamo, alla Cattolica e alla Bocconi di Milano. E’ attualmente professore ordinario di economia degli intermediari finanziari all’Università degli Studi della Calabria.
Accenno ad un contributo sull’argomento in altra sede http://www.businesspeople.it/Business/Economia/La-dittatura-del-PIL_2337