In una intervista, diffusa ieri 17 settembre da un telegiornale, è stato chiesto allo scrittore Paolo Giordano di esprimersi sul ritorno a scuola avvenuto dopo la lunga assenza per il Covid; e Giordano, dopo aver salutato con sollievo e calore questo ritorno dopo un tempo in cui bambini e ragazzi hanno patito la lontananza dai loro compagni ed amici, e segnalando di alcuni casi in cui alcuni di loro adesso hanno ancora paura ad uscire, ha fatto alcune considerazioni importanti, che mi hanno colpito. Egli ha detto: proprio in un momento storico significativo in cui i giovani avevano trovato un modo di espressione collettiva nel mobilitarsi collettivamene per la difesa dell’ambiente essi sono stati fermati dalla pandemia, sono stati respinti in casa. Non mi sembra che alcun noto osservatore prima di lui abbia rilevato questo aspetto della questione, che mi sembra estremamente importante da notare. Mi viene spontaneo domandarmi quando i ragazzi torneranno a manifestare (noi con loro sarebbe auspicabile) e contemporaneamente, pensando a come altri in questo periodo abbiano scelto di farlo violando ogni disposizione in merito, irresponsabilmente e disprezzando ogni cautela, per spirito di contrasto al governo, allora questo paragone, tra quelli e i giovani chiusi in casa con senso di responsabilità e per prudenza necessaria, mi provoca frustrazione e rabbia.
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