Quando tornai a casa dall’aver girato il mio frammeno di film in Tre Storie mi capitò una delle cose più emotivamene violente che io ricordi; ricordo che addirittura mi rotolavo nel letto per vincere quella eccitazione violenta. Che pensieri, che sogni, rivivevo la giornata, i riflettori su di me, la scena recitata, sognavo un futuro di recitazione. Ma qualcosa non andava, ero turbata all’eccesso e non mi aspettavo una cosa del genere. Durò per un po’ fino a quando mi scossi, cominciavo a capire; mi tirai su e andai a lavare i piatti lasciati inglorisamente sporchi prima di uscire la mattina per andare a fare la diva. Mi misi a lavare i piatti e il pavimento. Dissi a me stessa con quei gesti – in quel contasto liberatori di una ansia troppo forte – che solo quella era la mia dimensione, capace di conservarmi un minimo di equilibrio, cioè la concretezza di un dovere normale. Non altro. E mi presi in parola. Così quando Roberto Sanpietro mi invitò alla anteprima del film e mi confidò che ci sarebbe stato presente Ermanno Olmi – (Roberto Sanpietro e Piergiorgio Gay, registi di Tre Storie erano suoi allievi) – e mi disse che Olmi aveva lodato la mia interpretazione e che ci sarebbe stato alla anteprima e disse che aveva detto: però quella signora! io reagii di nuovo decisamente in modo nevrotico: non andai alla anteprima, non conobbi Olmi. Oh, basta là! 😉 Non vidi la anteprima e neppure la prima al cinema . Di calcare un set cine capitarono un altro paio di occasioni ma ormai la mia della vita, un film con Olmi chissà, probabilmente la avevo sprecata. Vedi un po’ checosa! Il secondo film dei due registi non vide la luce, perlomeno non con me, i finanziamenti pare non fossero sufficienti oer finire le riorese. Il terzo film cui partecipai era di un altro talentuoso regista emergente, Paolo Rosa, artista multidisciplinare di arti visive. Ne troveremo tracce in internet, era famoso, era stimato era amato. Mi chiamarono per fare questa particina, fu simpatico. Recitavo in costume primi del Novecento e spingevo una carrozzina. Il set era la galleria dei treni del Museo della Scienza di Milano. Il film narrava di un fatto vero, di una persona che non dimenticava nulla nella sua mente e questo in fin dei conti era un guaio e il film si chiamò: Il Mnemonista. Ho provato dolore quando anni fa Paolo Rosa, che era noto come creatore di Studio Azzurro, oltre che come regista cinematografico e talentuoso artista poliedrico, se ne è andato acora giovane da questa vita. La foto mostra il frammento di scena da Il Mnemonista citato nell’articolo