E’ stato due anni fa che, alla cassa del supermercato, l’uomo dallo sguardo acceso, inquieto negli occhi e nei gesti, deve aver detto qualcosa, qualcosa che mi ha indotto a chiedere se stava bene, se c’era qualcosa che non andava. Disse che lavorava la sera fino a tardi, forse fino a notte e che alla mattina alle quattro si rialzava, e che aveva tre figli da mantenere. Insomma, la sua giornata era tutto un correre da un lavoro all’altro per far quadrare i conti. Quell’uomo mi fece una grande impressione: la sua stanchezza, la sua evidente insofferenza, la sua disperazione fecero sì che cominciassi a tenerlo d’occhio, a scrutarlo, forse anche a temerlo. Da un po’ di tempo a questa parte l’uomo, sempre più inquieto, i gesti sempre più scattanti, si fa notare perché parla tra sé, spesso impreca a voce alta mentre sistema casse o bottiglie o altre cose sugli scaffali. Più spesso canta, a voce non altissima, ma non bassa, assolutamente incurante che si possa guardarlo stupiti. E tuttavia ciò mi pare non avvenga, come se i clienti o non lo notassero chiusi nei loro pensieri o si fossero abituati a quel lavorante così allegro. Negli ultimi tempi lo ho sentito emettere gemiti ripetuti e sordi, come una ossessione. Qualche giorno fa emetteva i suoi suoni soffocati come una violenza, come un’angoscia che chiedeva di uscire; dava inquietudine sentirlo. Trafficava con una pila di cassette e faceva quei versi come un uh…uh. Era vicino alla cassa dove lavorava una collega e dove io mi trovavo. Al suono di quei lamenti insistiti la cassiera disse a voce alta: …”fai una giornata così e ..qualcosa come “non sara’ tollerabile” o anche “già non ne posso più”. L’uomo non rispose e si allontanò come se non avesse sentito, con i suoi gesti nervosi, il suo sguardo acceso, la sua rabbia contro il mondo. Germana pisa – 2009
20 aprile 09