Sotto la notizia niente. Capitolo I°: TIMISOARA – par. 1 |
a Ilaria Alpi, giornalista (“la rivoluzione in tv, al contrario della guerra, non viene bene”-John Kenneth Galbraith) Come avvenne realmente il massacro di Timisoara, il più spaventoso del secondo dopoguerra del Ventesimo secolo, sarà difficile raccontare, perché in realtà quel massacro non ebbe luogo. E’ possibile tuttavia fornire tutti i particolari della notizia sul massacro di Timisoara; poiché essa esistette realmente, e quindi può essere fedelmente ricostruita e ritrasmessa ai posteri, secondo spirito di verità. Quale sia poi la differenza tra l’uno – il massacro – e l’altra – la notizia – è precisamente il tema di questo libro. Tutto cominciò esattamente con il racconto di un anonimo cittadino del mondo, di nazionalità cecoslovacca, e quindi definito “cittadino cecoslovacco”, domenica 17 dicembre 1989. Le telescrventi collegate con l’agenzia di stampa ungherese Mti trasmisero, quel giorno, un dispaccio in cui si affermava che, “secondo quanto riferito da un “viaggiatore cecoslovacco”, colpi di arma da fuoco sarebbero stati sparati a Timisoara.” In quella stessa serata, la televisione di Stato ungherese, agevolmente captata a Vienna, rilanciò la notizia, stavolta senza far riferimento all’anonimo viaggiatore. Disse lo speaker: “Una grande manifestazione si sarebbe svolta a Timisoara per impedire la deportazione del pastore protestante Toekes. Ambedue le notizie erano vere. Una manifestazione si era effettivamente svolta a Timisoara, città romena a una quarantina di chilometri dalla frontiera, per difendere il pastore protestante Lazlo Toekes, minacciato d’arresto dalla polizia del dittatore Ceausescu, in quanto strenuo assertore dei diritti della minoranza ungherese; ed effettivamente c’erano stati degli scontri tra i poliziotti e i dimostranti durante i quali i primi avevano sparato contro la folla.. La cosa era avvenuta, in realtà, non la domenica, ma il venerdì precedente, 15 dicembre. Questa nostra ricostruzione riguarda però non i fatti, ma la notizia, ed è quindi corretto collocare la data d’inizio dell’evento, destinato a divenire mondiale, al giorno 17. La domenica sera nel mondo, per ragioni del tutto comprensibili, le redazioni dei giornali – siano essi televisivi o della carta stampata – lavorano in numero ridotto, e di malavoglia. Alcune, addirittura, sono chiuse perché saltano il numero di lunedì. Minore è, di domenica, il flusso di notizie di agenzia, quasi nulla l’attività delle sedi istituzionali, difficile è ottenere conferme o particolari. Prevalgono le informazioni sugli incidenti stradali e soprattutto sugli avvenimenti sportivi. Un non disprezzabile alimento alle cronache viene dagli eventi internazionali, anche se spesso non è semplice avere sotto mano lo specialista che sappia valutarli. In quella domenica del dicembe 1989 solo la radio di Vienna, in tarda serata, ritenne opportuno riferire, con tutte le cautele del caso, degli incidenti nella cittadina romena; non la tv francese, non quella italiana, né alcuno dei telegiornali americani, pur favoriti dal fuso orario. L’indomani, lunedì, solo due grandi giornali europei scrissero di Timisoara: il “Corriere della Sera” in Italia e “LeMonde” in Francia: in ambedue i casi non si parlava di vittime ma di “dure cariche della polizia, con numerosi arresti”. Fu il martedì 19 dicembre, in tutto il mondo, l’inizio vero del dramma raccontato dai grandi organi di informazione.”Sangue a Timisoara” secondo la “Washington Post”, tra i più autorevoli giornali statunitensi. Le notizie erano da tutti riferite, una volta tanto, senza apprezzabili accentuazioni o tendenziosità legate alla posizione politica. Il quotidiano italiano collocato più a sinistra riportò le inquietanti dichiarazioni di “uno scrittore romeno” emigrato in Jugoslavia: “I morti a Timisoara “sarebbero trecento, quattrocento.” La cittadina romena, in realtà, era difficilmente raggiungibile. Chiuse le frontiere in entrata, difficili i collegamenti telefonci, controllate dal regime di Ceausescu le emissioni radio, erano i cittadini stranieri che attraversavano il confine verso l’Ungheria le fonti primarie dell’informazione. Fu così che alcuni compagni di sventura (e di testimonianza) del già citato “viaggiatore cecoslovacco” fornirono al mondo i dati e i resoconti di una carneficina orrenda, destinata a rimanere nella storia. Tramite delle notizie furono, prevalentemente, le agenzie di Stato dell’Europa orientale, che vivevano in quei mesi un periodo di particolare curiosità e libertà, dopo gli straordinari accadimenti che avevano travolto i regimi comunisti dei rispettivi Paesi. Il 6 febbraio di quello stesso anno, in Polonia, Solidarnosc, guidata da LechWalesa, aveva imposto la famosa “tavola rotonda” al governo guidato dal generale Jaruzelski. Il 2 maggio era caduta la cortina di ferro tra Austria e Ungheria. Tra l’8 ottobre e il 9 novembre si era dissolta la Rdt: Honecker era stato travolto, l’odioso Muro di Berlino, simbolo della guerra fredda, smantellato. Infine, tra il 17 novembre e il 9 dicembre 1989, era insorta pacificamente la Cecoslovacchia, e Husak era stato deposto. Adesso, finalmente, si muoveva anche la marmorea Romania, sinora immobilizzata sotto il tallone di ferro di Ceausescu, ultimo satrapo orientale. Ma come, realmente, si muoveva? Le notizie raccolte dalle agenzie est-orientali e rilanciate (da “France Presse” e “United Press”, dalla britannica “Reuter”, da “Radio Free Europe”) sul circuito internazionale dell’informazione, si facevano giorno dopo giorno, ora dopo ora, più drammatiche: la repressione da parte della famosa “Securitate”, la polizia politica di Ceausescu, era tremenda: il numero dei morti, anche se ancora non definitivo, impressionante. 25° cadaveri solo nell’ospedale di Timisoara, riferì la Radio ungherese; e “un medico” testimoniò che erano stati assassinati “trecento, quattrocento cittadini”. Lo stesso numero – ricordate?- drammaticamente denunciato dallo “scrittore romeno”. Chi dei due, ci si sarebbe potuto chiedere, aveva informato l’altro? segue |